Strada regionale 70 della Consuma

Provenendo dalla circonvallazione/variante attorno a Pontassieve della strada statale 67, dopo il cartello di località del comune di Pelago, a sinistra si trova il bivio da cui ha inizio la strada regionale 70, detta ‘della Consuma’.

Il bivio si trova al culmine di una leggera salita.
Per chi proviene dalla strada  regionale 69 il bivio viene incontrato, ovviamente, a destra, anche in questo caso dopo una breve salita.

Il mio tragitto inizia da qui.

Non esiste un cartello che indica il km 0 ma i successivi segnali ettometrici mi danno la garanzia che il suo inizio si trovi all’altezza del bivio.

Il km 1 si rileva all’altezza della frazione di Palaie.

Il toponimo Pelago stimola il mio interesse per la sua particolarità in quanto parrebbe derivare dal termine greco πέλαγος, il mare. Ma il mare non è molto vicino a questo paese, avvolto dalle colline.

Una persona, in un bar, mi ha riferito che vi erano stati dei ritrovamenti nella zona, che facevano intuire un uso lacustre degli stessi, mentre Pelago sarebbe derivato da una contrazione e deformazione della locuzione ‘per il lago’.
Un lago cioè anche ‘una vasta e profonda distesa d’acqua’ da Treccani.it.
Mi conforta la spiegazione data dallo stesso comune che, in una sua pagina del sito istituzionale, www.comune.pelago.fi.it/storia-e-cultura, conferma, parzialmente la seconda ipotesi.

Incontro questo segnale di preavviso che mi indica la direzione del percorso, includendovi anche il nome della cittadina d’arrivo: Bibbiena nella provincia di Arezzo.
Dopo molte curve tra il chilometro 1 e il 2 hanno inizio, e sono estese, le coltivazioni a vigneto del Chianti Rufina di una nota tenuta dall’antico nome patrizio.

                                       Nebbia sul Valdarno dai vigneti il 10 novembre 2019

E’ molto difficile immaginare come poteva qui essere il territorio al tempo della foresta. La mano dell’uomo qui non è stata leggera; necessità e compensi l’hanno mossa sottomettendo l’ambiente per questi scopi.

Dopo la tabella del secondo chilometro, a destra, si trova un locale, sempre della stessa proprietà, con un ristorante e delle sedute esterne per assaporare cibo e vino con tranquillità mentre si apprezza l’ampio panorama delle colline e di una parte del Massiccio del Pratomagno.

L’area di parcheggio è accanto a questi cipressi non sagomati come i classici cipressi delle vedute perchè sono ascritti alla varietà horizontalis. Quella che vediamo più spesso punteggiare il paesaggio toscano è la varietà pyramidalis.
Mi affido sempre al mio sito preferito in materia di botanica indirizzandomi alla pagina: www.floraitaliae.actaplantarum.org/viewtopic.php?f=95&t=7748 che tratta di questa essenza.

Se, per caso, ci si fermassimo in questo luogo di ristoro e ci mettessimo a bere fino ad un’ebbrezza dionisiaca credo che sarebbe impossibile proseguire il viaggio. Pertanto lascio ad altri questo piacere perché molta strada descritta mi attende.

Di fronte al posteggio, dall’altro lato della strada, si nota piccola installazione di botti rosse che coniuga i significati di produzione e di passione per la stessa. Potrebbe essere un richiamo per godere dei loro compensi dalla parte opposta della strada.

Subito dopo, a sinistra, si incontra il bivio per Pelago e altri luoghi interessanti. Ma in questo paese, luogo natale di Lorenzo Ghiberti, vi sono altre proposte stuzzicanti non scritte sui cartelli ufficiali. Per conoscerle si faccia una deviazione,  ancora una volta, per il sito ufficiale del comune.

La mia strada prosegue sempre tra terreni ricoperte da vigneti.
Pochissimo prima del km 3 un cartello sulla sinistra indica la direzione per un altro luogo del bel vivere.

Ad un certo punto si incontra un cartello che cita una corsa ciclistica particolare ‘La Leonessa’. E’ una particolare competizione ciclistica di cui si possono avere notizie andando sull’apposito sito www.leonessaciclostorica.it.

Per quanto ne so si tratterebbe di una corsa per strade al di fuori degli itinerari comuni e con biciclette ‘storiche’.
Esiste un’altra corsa simile in Toscana ‘L’eroica’ che si svolge in provincia di Siena. Quando sarò da quelle parti e vedrò un cartello che la cita ne parlerò.

Questo tratto iniziale della regionale prosegue sempre con il suo accompagnamento di viti e di olivi.

Qui siamo nel cuore dell’inverno.

Stando al navigatore per l’auto e ad una mappa di Google questo tratto della regionale assumerebbe l’identità di via Casentinese Bassa.

Al km 4 +400 si giunge alla frazione di Diacceto.

E nuovamente il toponimo mi spinge a deviare sui sentieri della Rete per cercare qualche informazione. Non trovo molto. Scovo qualcosa in un sito, che reputo non sia più seguito: una pagina di un libro ‘Diacceto e la collina tra il Rufina e il Vicano di Pelago(1) che fornisce qualche spiegazione sul toponimo.
Succintamente riferisco che il nome del paese deriverebbe dal nome presunto di una casata siciliana che, nell’alto medioevo, aveva qui la sua residenza. Secondo un’altra versione il nome avrebbe origine da un luogo utilizzato in epoca romana, come presidio di imprecisata natura, dal nome Glacetum. Diacceto sarebbe una deformazione, attraverso i tempi, sia del nome della casata che di quello latino.
Poco prima dell’ingresso nella frazione, a sinistra, si trova l’indicazione per un forno con prodotti dichiarati rigorosamente biologici e integrali.
Il gusto ne sarebbe soddisfatto, finendo dopo con il gustare un buon caffè in una vecchia locanda, ora bar, sempre a sinistra, di fronte ad un comodo posteggio al km 5, questa volta all’interno della frazione.

                                   Nebbia sul Valdarno dal posteggio di Diacceto il 10 novembre 2019

In questo bar il caffè è prodotto da una particolare macchina a stantuffi, azionati a mano, della Victoria Arduino.
Bisogna fare un po’ di attenzione nell’attraversare la strada perchè la 70 si presenta, a destra, da una curva con visibilità ridotta.
Il locale è gradevolissimo alla vista soprattutto nella saletta a destra che associa un’atmosfera raccolta ad una di respiro artistico.
Segnalo inoltre i servizi igienici che corrispondono alle aspettative suggerite da questa accuratezza.
Apro una parentesi sull’argomento ‘servizi igienici’: mi piacerebbe fosse redatta una classifica di ‘servizio curato’ in base all’attenzione posta nel tenere in modo consono questi annessi. Reputo che ci sarebbero delle sorprese.
Per aggiungere dell’altro, in questo locale vige la tradizione del ‘caffè sospeso’ cioè offerto a chi non se lo può permettere senza sapere chi esso sia.
Uscendo dalla locanda noto una targa posta su una casa che confermerebbe l’identità locale della regionale.

Dopo il borgo la strada, quasi bruscamente, all’incirca al km 6 abbandona i terreni coltivati per proseguire tra boschi più o meno radi che l’accompagneranno per buona parte del suo tragitto.

Qui si possono notare i due diversi tipi di segnaletica utilizzati nel tempo: il cippo e il segnale di progressiva chilometrica con segnale di conferma.
Queste diverse modalità di informazione sono passate dal manufatto cementizio a quello metallico, alleggerendosi sempre di più. Giungeranno all’immaterialità di informazioni per sistemi elettronici? Arriverà il momento in cui, transitando da un luogo, verranno trasmesse dei ragguagli sullo stesso, progressive chilometriche comprese. Probabilmente qualcuno ci ha già pensato.
Ai bordi del percorso, su terreni rocciosi, il bosco dispiega una varietà di latifoglie, soprattutto querce, con ginestre ed altri arbusti molti dei quali, con relativa certezza, sono nati dalla dispersione dei semi soprattutto da parte di animali
I selvatici qui sono liberi e padroni del territorio con i ritmi e i limiti imposti unicamente dalla natura, difficilmente contrastati da mano umana. Come antitesi, gli umani, qui, ne stanno sopportando l’eccessiva presenza.
Al km 8 + 700 incontro la frazione di Borselli.
E da qui ha inizio una sequenza di dichiarazioni d’amore e di ffermazioni religiose scritte su vari supporti.
Non si comprende bene se questa prima dichiarazione sia riferita al borgo o ad una persona.

La successiva, al chilometro 9, è riprodotta sul muro di un magazzino per la manutenzione stradale. Chissà se questa passione, dichiarata un decennio fa, continua ancora con la stessa intensità.

Lasciata la frazione di Borselli ha inizio una tipologia di costruzioni in pietra a vista che caratterizzerà buona parte del nostro percorso e si intensificherà scendendo e passando per il Casentino.

Per avere un buon quadro storico sulla frazione di Borselli, si dirotti nuovamente per i sentieri della Rete su www.borselli.net, che contiene una simpatica ipotesi riguardante il toponimo.

Dal km 10 la strada comincia ad essere costeggiata da pini, suppongo Pinus nigra. Secondo l’autorevole sito www.actaplantarum.org, se la specie è quella indicata, si vada alla pagina www.floraitaliae.actaplantarum.org/viewtopic.php?f=95&t=15177.

Molte di queste piantumazioni ricoprono una grande parte della forestazione circostante. Dal metodo di impianto, alberi serrati tra di loro, rivestono la funzione di bosco ceduo a fini commerciali.
Se si percorrono il sentiero 00 del CAI, che sale alla destra del cimitero di Consuma, o un altro più a est che sale verso la frazione dalla parte opposta potremo notare il risultato di queste operazioni che rivestono una rilevante funzione economica.


Al km 10  incontro, alla mia destra, un punto di ristorazione posto all’interno di singolari cupole rossastre con antenne paraboliche.
Il loro aspetto potrebbe condurre la fantasia in luoghi da fantascienza se non fosse per gli annessi  e per l’offerta di un pasto a buon prezzo rivolto ad escursionisti e a lavoratori molto terrestri.

Poco prima ho notato, proprio sotto alla tabella del chilometro 10 alla destra salendo, un manufatto di cui non riesco a capire l’uso che avesse.

Proseguendo tra poche variazioni di paesaggio e senza presenza di costruzioni di un qualche interesse, si può comunque godere del serpeggiare della regionale tra i suoi boschi apparentemente immobili.
Questi suscitano sensazioni benefiche offrendo aromi di conifere, giochi di ombre e luci e vedute di insiemi così armoniosamente composti che potrebbero essere di vera ispirazione per la creazione di giardini.
Al km 11 + 100 appare, solida nella sua pietra grigia, una costruzione antica in parte rimaneggiata, come mi informa un suo abitante.


Successivamente un’altra persona mi ha informato che si chiama Spitaletto, senza specificare se la costruzione o la località. Ufficialmente il luogo è chiamato Spedaletto come ho rilevato da un segnale su un sentiero nel bosco e dalla mappa di Google
E qui la memoria va a quegli edifici che, nel medioevo, erano destinati all’accoglienza e al ristoro dei viandanti e dei pellegrini. Con una relativa certezza si può accostare il nome di questa località a quello di uno di questi edifici. Forse non si trovava proprio su questa strada ma su una delle molte tracciate nel tempo nei dintorni.
Con la stessa incertezza so che questa era una zona strategica per i luoghi controllati da Firenze e per quelli controllati da Arezzo.
Al km 12 + 500 noto, alla sinistra, una struttura di pietre ben disposte, con una sorta di corta canaletta metallica, adatto allo scarico di un qualche materiale su un mezzo di trasporto o direttamente sulla strada. Delle persone del posto mi hanno informato che questa struttura aveva la funzione di fornire inerti di piccolissime dimensioni da spargere sulle strade durante il gelo. Non so se possa essere definita tramoggia.


Al km 13, sempre su un piccolo magazzino, vedo la terza dichiarazione d’amore. Sono trascorsi nove anni da quando è stata scritta: chissà se il mare è stato arginato o ha superato lo scoglio.

All’interno del km 13 c’è la deviazione, a destra, per Vallombrosa. Mi occuperò di lei per la sua rilevanza  storica religiosa e civile, quando seguirò la strada che vi conduce.
Qui segnalo solamente il bivio per raggiungere il luogo. Sul segnale di preavviso si vede la prima delle affermazioni teologiche, in corrispondenza dell’indicazione per Vallombrosa sede di una abbazia. Se qualcuno, nel frattempo, vi volesse farci un salto virtuale: it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_Vallombrosa


Al km 13 + 400 giungo  alla frazione di Consuma, o come si dice comunemente ‘della Consuma’, dalla parte del comune di Pelago. Questa frazione, come molte alte, ricade sotto la giurisdizione di più comuni: nel caso specifico quelli di Pelago e di Montemignaio e di conseguenza sotto la Città Metropolitana di Firenze e la provincia di Arezzo.


Non posso ignorare un’altra dichiarazione d’amore ad uno sconosciuto, su un cartello osservato dalla parte posteriore.

Giunto a questo punto azzarderei nel definire questa strada ‘via delle passioni’, siano esse di natura religiosa o sentimentale, per denominarla, verso il termine, ‘via delle contese’ per le vicende storiche che l’hanno interessata.
Se si guarda con una certa attenzione, appena dentro l’abitato della frazione, si può notare appiccicato ad un palo, un adesivo che indica la direzione di uno dei molti sentieri tematici che stanno moltiplicandosi nella regione, ed altrove, come risposta, forse, alla richiesta di percorsi diversi da quelli ordinari.

Dalle strade usuali da me prese in esame si diramano, oltre le vie della Rete, anche quelle tracciate tra boschi, valli, coltivi come antiche strade di fatiche, di religiosità e di guerra.
Su un sentiero nel bosco ho trovato tracce di una di queste vie ripercorse o riproposte.

A questo proposito posso riferire che il CAI di Firenze sta sviluppando un grande progetto sui sentieri curati da lui e da altre organizzazioni volontarie o amministrative per offrire, a chi interessa la cosa, un riferimento preciso e affidabile.

Ed entro nella frazione che ha un toponimo derivato, probabilmente, dalla famiglia Consumi esiliata dal ferrarese per motivi politici. Si può consultare it.wikipedia.org/wiki/Consuma.
Anche questa, come altre realtà amministrative è una frazione frazionata. La stessa pagina di Wikipedia informa anche su questo.
Non so quali siano i perimetri esatti di questa frammentazione, salvo la piccola suddivisione indicata dai segnali stradali, ma reputo che importi unicamente agli addetti ai lavori e a chi necessita dei loro servizi.
Quasi sicuramente qui vi era un barriera tra potenze rivali. Ora esiste un confine fra due amministrazioni ma è un bonario ricordo di quello che era il ferreo segno tracciato sulla terra, sulla carta, sul metallo affilato tra rivalità inconciliabili.
A me, come a centinaia di altre persone che ogni anno vengono a prendere una boccata d’aria fresca d’estate, importa avere dei piccoli benefici transitori.
Giunto a questo punto acquisto anche un libro nel bar-ristorante più frequentato della frazione. (2) Il prezzo è dimezzato per il restauro della chiesa a cui farò cenno oltre.

Questo testimonianza eterogenea offre una panoramica su vari aspetti della frazione: cenni di storia, geografia, geologia, curiosità e annotazioni su villeggianti più o meno conosciuti che hanno trascorso parte del  loro tempo qui. Vi viene anche descritto lo sviluppo del percorso su cui sto transitando.
Viene citato inoltre un ‘Transitus … mille’ dove si attestarono i componenti esiliati dei Consumi.
Il libro mi dice che agli inizi del ventesimo secolo furono erette le prime ville che appartennero a casati dell’aristocrazia romana.
E il libro cita un altro libro ‘Consuma – Eremitaggi estivi’ scritto da un senatore Cantucci con una descrizione del beneficio apportato dal luogo che, per l’epoca, doveva proprio essere un vero e proprio eremitaggio seppure di una certa levatura.
Faccio due passi verso l’ideale centro di questa frazione, la minuscola piazza La Pira.
Questo cartello, posto in questa piazza, indica l’altezza della località e uno dei punti della corsa ciclistica ‘La Leonessa’.

Nella stessa piazza si trova una scultura della fine del secolo scorso detta ‘Cippo-fontana’, di cui il libro appena acquistato dà una breve spiegazione del significato geometrico e simbolico del manufatto con le sue ‘falde di paraboloide iperbolico’.

Prima della piazzetta La Pira, sulla destra si vede una piccola installazione; è una minuscola libreria di libero scambio offerto a tutti, una proposta civica racchiusa in un richiamo all’ambiente circostante

Alla Consuma si può sostare per delle brevi passeggiate tra le case dall’apparenza più o meno austera, in pietra grigia o intonacate rispettose, dal mio punto di vista, del genius loci. Si può accedere in locale dove gustare piatti tipici o un buon panino. Ci si può inoltrare in qualche sentiero che porta nel piacevole ambiente circostante.


Continuo per la strada, dopo la sosta per una schiacciata con la Bologna ovvero per una focaccia morbida con la mortadella. E magari per un calice del Chianti Rufina di cui ho visto prima una parte delle vaste colture.
Proseguo la strada dopo la sosta per una schiacciata con la Bologna, cioè per una focaccia morbida con la mortadella, abbinata ad un calice di Chianti Rufina di cui ho visto, prima, una parte delle vaste colture.
E incontro, sulla sinistra, la chiesa di S. Domenico costruita in pietra serena e legata, sempre dal mio punto di vista, al carattere dominante del luogo.
Sempre nella pagina che indicato sopra, it.wikipedia.org/wiki/Consuma, si può leggere una breve nota riguardante questa costruzione in stile neoromanico.

Di questa chiesa tratta anche il libro che ho comprato nel bar, collegandola all’anno 1492, per l’autore denso di avvenimenti per l’Europa e per il mondo conosciuto fino ad allora. Nel 1492 il villaggio attorno alla chiesa e ad un’antica fontana, punti prevalenti di aggregazione, assunse il nome di Consuma.
Nel marzo del 2019 il campanile aveva alla base una sorta di ponteggio che ho ritrovato ai primi di maggio. Ad un suo lato, sotto il ponteggio, si vede il monumento alla pace di Roberto Nardi. Per avere molti altri promemoria collegati a qualche guerra si può deviare per il sito www.pietredellamemoria.it.

Sopra l’opera si vede la lapide commemorativa di un eccidio tedesco del 1944, posto sotto una meridiana.

Quasi al termine dell’attraversamento della regionale nella frazione, sempre con l’identità di via Casentinese, all’altezza della tabella distanziometrica 14 + 900 si incontra il cartello che indica il passaggio tra le province di Firenze e Arezzo.


Poco oltre la tabella posta dalla provincia di Arezzo, con informazioni più dettagliate, mi dà il benvenuto.

E questa è una delle demarcazioni dei due comuni che amministrano la frazione.

All’interno della sua area, a destra, si può notare il piccolo memoriale di un altro eccidio della seconda guerra mondiale compiuto dalle truppe tedesche sempre nel 1944.

La memoria è di brevissima durata; ci si rimette sulla carreggiata dell’attimo presente e si prosegue senza osservazioni. La storia ci dirà se potrà succedere ancora. Le mie considerazioni restano avvolte su se stesse.
Così, osservando, alla sinistra, a una ventina di metri dal cimitero, una targhetta su un paletto mi distrae subito da quelle: indica un passaggio di una corsa di biciclette.
Ho trovato un sito, www.ciclomaniac.com, che mostra il percorso con le sue altimetrie. Non male per buone gambe e forti polmoni; e non a tappe come la classica Tirreno-Adriatico. Al momento non sono riuscito a sapere se questa impresa si compia ancora, l’ultima traccia virtuale risale al 2003.


Poco più avanti  a destra, un po’ in alto, si trova una costruzione, anch’esso rispettosa del contesto, costruita sul modello di uno chalet, molto frequentata da motociclisti, ciclisti e automobilisti in scampagnata.

In un angolo della piazzola, davanti all’ampio panorama del Casentino, si trova il cartello che indica il passo della Consuma vero e proprio, sostituito due o tre anni fa perché, suppongo, ricoperto di adesivi.



Scollino e mi inoltro nel Casentino, territorio armonioso di bellezze tranquille, di vasti prati e di pascoli che si fondono con il fitto dei boschi. Sotto la loro protezione vivono le bestie selvatiche e viene avvolto un solitario esemplare di pianta più anziana di me di molti decenni. Spesso, osservando questi spazi così armoniosi, scende nell’animo un senso di grande tranquillità.
La strada scende verso il primo bivio dove incontro, a destra, i cartelli indicatori per alcuni centri del Casentino e quello per visitare un antico mulino che macina ancora i cereali con la forza dell’acqua. Qualcuno mi ha fatto osservare che, a suo parere, questo cartello contiene la formula più compressa mai vista per indicare un luogo. Sembra, inoltre, che il logo sia stato aggiunto successivamente, con il risultato di comprimere ulteriormente lo spazio. Sempre secondo il parere della persona, tale segnale costringerebbe il viaggiatore a soffermarsi per leggerlo.

La strada entra nel Casentino con una sequenza di saliscendi tra di pascoli, prati e gruppi di  alberi con la corona del Massiccio del Pratomagno sulla destra.
Il primo ente amministrativo che si incontra in provincia di Arezzo è quello del comune sparso di Pratovecchio-Stia.

Come dice la tabella è la sede di uno dei più importanti parchi nazionali con una grandissima foresta che va dalla Toscana alla Romagna, un patrimonio insostituibile.
Il suo sito di riferimento è www.parcoforestecasentinesi.it.
Ci vorrebbero pagine e pagine di questo articolo per decantare quanto ci offre questo patrimonio. L’unica cosa da farsi è andarci, camminare, ascoltare le sue voci.
Non basta sapere che nel 2017 le sue faggete, con piante vecchie anche di 500 anni, sono state elette a Patrimonio dell’Umanità. Al loro interno c’è una partizione dove non si può mettere piede se non per motivi istituzionali.
Credo, sono certo, che bisogna lasciarsi avvolgere dal loro solenne manto benedicente e con reverente umanità rispettarle. Nulla di più. Sono il nostro respiro.
Dopo questa digressione emozionale in uno degli ambiti naturali da me più amati, proseguo la mia marcia e sono all’interno di questo comune.
Con le ruote sull’asfalto, al chilometro 17 + 500 incontro la prima frazione del comune, altrove classificata come località, Ponticelli.


Se non vado errato, consiste in un gruppo di abitazioni restaurate con estrema cura e destinate all’accoglienza turistica.

Attorno vi sono prati estesi, che potrebbero essere dei pascoli o delle foraggere.


La strada continua il suo percorso tra un alternarsi di boschi e slarghi fino ad una solida costruzione in pietra che Google Maps denomina Casaccia Ritorno. Non ho ancora trovato note al riguardo da qualche altra parte.

Allora proseguo la via sempre tra boschi e prati fino a giungere al segnale di località di un comune senza abitato, il comune sparso di Castel San Niccolò.
Sulla tabella del gemellaggio noto una dichiarazione d’amore per Maurizio. La via degli affetti continua.


Devio un po’ dalla regionale per il suo sito ufficiale  www.comune.castel-san-niccolo.ar.it , dove trovo una definizione di se stesso che mi sembra la sintesi descrittiva di  questo territorio: ‘Un paese di antichi borghi alle pendici del Pratomagno, immerso nel verde delle foreste del Casentino’.
Un paese di antichi borghi perché, come dicevo, non esiste il paese di Castel S. Niccolò. Il municipio si trova in un abitato discosto dalla regionale: Strada in Casentino che si trova, per coincidenza, sulla provinciale 70.
In questo abitato si tiene la Biennale della pietra lavorata. Pietra che dal 2012 ha un suo museo. Altre notizie su questo museo si possono trovare in casentinolive.it/pietra-lavorata.

Poco dopo la tabella distanziometrica 20 + 100 trovo la località Fonte allo Spino.
Non vi sono affermazioni di alcun genere su questa tabella, solamente un paio di adesivi che, per combinazione, preannunciano, in forma traslata, un argomento storico che verrà trattato quando giungeremo nel luogo adatto.
I due adesivi dichiarano affezione a formazioni di parte: di parte sportiva fiorentina e di parte ghibellina aretina.




Poco dopo, sempre nel chilometro 20 sulla sinistra, incontro un ristorante dall’aspetto molto curato con pietre e mattoni a vista e insegna dipinta con caratteri che a me ricordano il Liberty e che include il nome della località.
Wikipedia informa che le truppe guelfe fiorentine, prima di inoltrarsi nel Casentino per un definitivo confronto armato, bivaccarono qui.
Proseguendo, alla sinistra, ritrovo quei pini che avevo incontrato a valle dalla parte fiorentina.


Incontro al chilometro 22 la frazione di Omomorto questa volta nel comune di Pratovecchio-Stia.


Cercando notizie su questa località, dal nome particolare, mi sono imbattuto nella pagina  www.ursea.it/walking/1156/percorso.htm che riporta un piccolo resoconto sulla sorte medievale dell’uomo morto in questo luogo. Vi è anche indicato un percorso a piedi per recarvisi.
Il corrispondente del sito, Aldo Innocenti, così offre il suo contributo che qui riporto: ‘Queste sono alcune delle parola che Dante fa dire a Mastro Adamo nel canto XXX dell’Inferno ”ivi è Romena, là dov’io falsai  /  la lega soggetta del Battista / perch’io il corpo su arso lasciai  / Ma s’io vedessi qui l’anima trista / di Guido o d’Alessandro o di lor frate /  per Fonte Branda non darei la vista”. La Fonte Branda, pur essendo secca, si trova ancora nel Castello di Romena.’
L’autore mi invia anche una foto della Fonte Branda che volentieri riporto (attenzione è coperta da diritto d’autore)

Alla voce ‘Mastro Adamo’ anche su Wikipedia si può trovare l’esposizione della vicenda, ma con il dubbio che il toponimo derivi dal fatto descritto.

Qui siamo già nelle terre dei Conti Guidi e sembra che fossero stati proprio costoro ad indurre l’uomo a falsificare fiorini a danno di Firenze.
E piano piano, proseguendo nel Casentino, si continua inoltrandosi nelle pagine di una storia di cui si incontrerà, più avanti, uno degli episodi più rilevanti di quelle epoche.
Comunque di località di Ominimorti ce ne sono altre in giro per la penisola.
Ed ecco che al chilometro 22 + 220, abbozzata su un piccolo magazzino, trovo un’altra diroccata affermazione religiosa

Sto aggirando da sinistra il massiccio del Pratomagno e già si intravedono in lontananza altri rilievi.

Al chilometro 25 incontro la frazione di Scarpaccia.
Qui si trova un altro, immancabile, posto dove fermarsi per ristorarsi e gustare salumi, vegetali sott’olio, formaggi e altro.


Dal suo piazzale si vede anche il bivio con la deviazione, a sinistra, per i paesi di Pratovecchio e Stia unificati sotto un’unica municipalità dal 2014. Guarderemo questi paesi, prendendo la provinciale 74 nella provincia di Arezzo detta ‘della Scarpaccia’.


Proseguendo, al chilometro 26 + 500, sosto per dare un’occhiata alla vallata di Poppi.
Lontano, sfumato nelle foschie di marzo, si intravede la sagoma del castello dei conti Guidi, casata che ha dominato da qui fino al  nostro passo e in Romagna e altrove, per decenni e decenni segnando molti destini qui e altrove.


E su un segnale di preavviso per la pieve di S. Pietro in Romena, che si raggiunge percorrendo la provinciale 73, ecco che si ritrova la terza affermazione sull’assenza del Divino.

Proseguo, senza la soluzione del problema teologico, e al chilometro 29 trovo una delle frazioni del comune sparso di Castel. S. Niccolò, Borgo alla Collina.

Oltrepassata la porta che guarda a valle, la strada scende verso questa accompagnata sempre da boschi misti che, ad un certo punto, termineranno.
E si aprirà la vallata del comune di Poppi.
Al km 31 + 800  attraverso un ponte: sotto scorre, ancora bambino, forse adolescente il fiume Arno, il corso d’acqua che, poco più sopra, ha la sua sorgente. Attraversa buona parte della Toscana per finire il suo corso nel Tirreno da qui ancora lontano.



Scendo con una certa rapidità verso la Piana di Campaldino entrando nel comune di Poppi.
Sotto si può notare la promozione di una manifestazioneche vi si svolge ogni anno ‘Il gusto dei Guidi’. Notizie su questo avvenimento si possono trovare su www.ilgustodeiguidi.com.

E in una delle sue frazioni, Porrena, incontro finalmente il luogo preannunciato da tanti piccoli segnali, scendendo dal passo verso il Casentino. Un salto nella storia, nella contesa lunga tra fazioni, casate e commercianti.
Il libro della Consuma dice che i guelfi fiorentini, battuti dai ghibellini aretini in altre contese sanguinose, in questa battaglia campale preparata con astuzie e utilizzando il fante comunale (a me pare più corretto dire il fante della Repubblica di Firenze) contro il cavaliere feudale, vinsero l’ultimo decisivo scontro. Era l’ 11 giugno 1289.
Come bottino ottennero la via dei commerci e il governo su quasi tutta la Toscana. Venne abbattuto il confine al transitus, oggi passo della Consuma, vennero confiscate le ricchissime foreste di settemila ettari dei conti Guidi, oggi patrimonio della Repubblica italiana.


Di tutta la violenza e le conseguenze dell’accaduto restano un’alta stele e delle figure metalliche, poste su una rotonda contemporanea, che appaiono come fantasmi nelle loro uniformi bidimensionali, senza volto e con armi immobili per sempre. Qualcuno che transita qui quotidianamente non le nota quasi più.




Cavalier guelfo Campaldino
                                  Il cavaliere guelfo

Per chi fosse curioso di conoscere  le motivazioni e le scelte formali dell’allestimento, inaugurato il 9 giugno 2017, può deviare sulla pagina www.casentinopiu.it/ponte-a-poppi-la-rotatoria-di-campaldino-carlo-toni-ci-spiega-la-simbologia-dellallestimento/ ed averne dei chiarimenti.
Ma ora lascio questa piana, le sue memorie e proseguo lasciando alle spalle la frazione di Porrena poco prima del chilometro 33.
Vorrei però mostrare quanto scritto su un magazzino prima della Piana. Il mio pensiero va all’uso del nucleare nei conflitti.
In questi termini lo slogan, tracciato prima di un luogo di un combattimento, suona come una rimostranza senza risposta.

La costruzione domina ancora la vallata.


Ma la sua storia adesso ha solamente la voce delle testimonianze in esso raccolte.
E il tranquillo visitatore, con modica spesa, può vedere il diorama della battaglia fissata nella medesima immobilità dei figuranti metallici del fondovalle.
Descrizioni accurate della costruzione e del plastico si può trovare alla pagina www.ilbelcasentino.it/castello_poppi-seq.php?idimg=5585.
Si potrebbero elencare almeno una dozzina di siti che ne parlano. Sceglietene uno, scrivete ‘Castello dei conti Guidi’ e viaggiate in quei tempi di potenze imbarazzanti.

Ma su questa casata, e su tutto l’humus che ne ha preceduto le vicende, invito l’ipotetico lettore su una deviazione: il succinto, ma denso di note, articolo di Giovanni Caselli in tuttatoscana.net/storia-e-microstoria-2/i-conti-guidi-e-il-casentino/

Non salirò fino al Castello. Mi concedo una sosta alla stazioncina che vedo alla mia sinistra. Mi piacciono le stazioni. Ne ho visto molte in vita mia.


E guardandone i binari, gestiti da una società privata, ho la sorpresa di trovare un’ultima dichiarazione d’amore.

Oltrepasso la piazza della frazione di Ponte a Poppi che, nella sua tranquilla apparenza, mi ricorda quella di un borgo rurale. Ed infatti da qualche parte leggo che questo era il luogo del ‘mercatale’, lo spazio destinato ai commerci, suppongo soprattutto di carattere agricolo.
In questo pomeriggio non si sente neppure l’eco di quelle contrattazioni. Ma apprendo che lo spazio è ancora destinato alle vendite e alle fiere.

La regionale assume il nome di via Roma uscendo dal paese e andando verso una rotonda. Al suo centro è posta un’interessante opera che rimanda nuovamente, nello stile, ai tempi medievali: una colonna sovrastata da una grande coppa merlata con due pavoni speculari.

Non sono riuscito a sapere, ad oggi, cosa rappresenti l’opera ma qualcosa mi dice che sia un rimando alla simbologia sacra. Forse non casualmente, svoltando a sinistra, si può prendere la provinciale 67 per Camaldoli ed il suo eremo che andrò a vedere in un’altra occasione.
E continuo il percorso verso il suo termine. Ecco, devo dire, che, dopo il crescendo delle passioni attuali e di quelle trascorse, la regionale da questo punto assume un andamento come di dissolvenza. Va per una piana, quasi anonima, con coltivi e strutture produttive ai suoi lati. Ma, non visibile da qui, ha un accompagnatore di riguardo: alla sua destra scorre l’Arno che se ne va nel senso opposto.



Al chilometro 36 sento, e vedo passare veloce, un treno della società privata che gestisce il trasposto su ferro in questa zona.

L’ultima tabella distanziometrica che incontro è quella del km 38.

Poi entro nel comune di Bibbiena che, come avevo detto quasi all’inizio, è quello che include il termine della regionale 70.

La strada è quasi diventata anonima se non sulle mappe. Incontra una prima rotonda.


Inizialmente pensavo che avesse termine a questa rotonda, anche se non mi tornava il conto dei chilometri, e la mappa di Google mi indicava una seconda rotonda. Infatti proseguo per quello che sembra quasi un raccordo e mi dirigo verso questa rotonda.



Qui, silenziosa la strada regionale 70 della Consuma finisce la sua corsa. Alcuni olivi, simbolo di conciliazione, guardano la strada regionale 71 Umbro Casentinese Romagnola.
Qui sosto un po’, prima di rientrare, stanco per questa ondivaga relazione su un percorso ordinario.



BIBLIOGRAFIA
(1) Maurizio Fabbrucci – Diacceto e la collina tra il Sieve e il Vicano di Pelago – Editrice Firenze Libri
(2) Erasmo Montanaro – La Consuma Raccontata dai locali, dai villeggianti, dai turisti 1492-2011 – Edizioni Polistampa Firenze 2011

RINGRAZIAMENTI
www.actaplantarum.org
www.it.wikipedia.org
www.google.it/maps
www.casentinopiu.it
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www.casentinolive.it
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