Strada provinciale 91 Scopeti-Borselli

Provenendo da Pontassieve con la statale 67, all’ettometrica 109 + 500, a destra si trova il bivio per Pomino e Borselli: ecco da qui ha inizio la provinciale 91 che, attraversando un tipico paesaggio agricolo e silvicolo, congiunge due strade che avvicinano la Toscana e la Romagna.
Una è, appunto, la statale 67, la Tosco-Romagnola, e l’altra, a monte, è la regionale 70 che, attraverso il collegamento con l’ex strada statale 71, porta in Romagna.
Per avere un’idea su queste due percorsi: it.wikipedia.org/wiki/Strada_statale_67_Tosco-Romagnola e it.wikipedia.org/wiki/Strada_statale_70_della_Consuma, buone fonti di informazioni.

Premesso ciò, passo alla descrizione del tragitto.

Sulla statale 67 si incontra questo segnale di preavviso

Come detto sopra, a questa ettometrica di incontra il bivio

 

E qui si rileva il chilometro 0, posto nel campo a destra.

La provinciale 91 entra nel suo percorso tra due muretti che vanno subito a morire nella campagna.

Ci si immerge subito nel paesaggio agricolo e collinare. La strada prende a salire, inizialmente con delle curve piuttosto strette tra trincee, muretti di contenimento ed un intervallarsi di piante varie e coltivi, soprattutto di olivo. Si incontra anche qualche vigneto,

Nella bella stagione dai muretti di contenimento scendono cascate di fiori e il verde attorno dona una piacevole sensazione di scampagnata.

Si fa notare, all’inizio, una certa aria di abbandono della vegetazione delle scarpate della strada, derivato, probabilmente, dal conflitto di competenze che riguarda anche molti altri ambiti.

Si può notare, al di là di questa osservazione anche opinabile, come buona parte della vegetazione competa per il proprio spazio. Di conseguenza notiamo le liane di viti rinselvatichite, delle vitalbe soprammettersi su alberi, alcuni dei quali di relativa recente introduzione rispetto alla storia delle piante, come la robinia. Nel libro ‘Fitocronologia delle piante’ (1) a pag. 224 il Saccardo la segnala  introdotta nel 1662

Metto qui le schede che interessano queste piante citate. Sono una piccola deviazione in rete per avvicinarsi meglio alla loro sostanza.
Per quanto riguarda la vite delle ipotesi sul suo girovagare si possono, parzialmente, ricavare da it.wikipedia.org/wiki/Vitis_riparia, www.actaplantarum.org/flora/flora_info.php?id=8355 oppure www.actaplantarum.org/flora/flora_info.php?id=8354,
per la robinia, qui chiamata ‘cascia’, www.floraitaliae.actaplantarum.org/viewtopic.php?f=95&t=4968, per la vitalba www.floraitaliae.actaplantarum.org/viewtopic.php?f=95&t=4802.

E qui chiudo questo, forse fastidioso, quadro botanico per proseguire per la mia strada, trovandomi solamente al primo chilometro del percorso.

Incontrerò ancora queste situazioni, anche se devo dire che proseguendo e superando i primi due chilometri, l’ambiente si sgombra da questa confusione, diventando decisamente più apprezzabile e curato con maggior garbo.

Il paesaggio può apparire ripetitivo ma è quasi d’obbligo abbandonarsi a questo sfoggio della natura.

Un passaggio invernale, anche se l’orizzonte appare più ampio e lo sguardo va più lontano, non rende l’idea dei dettagli di questi giardini seguiti dagli uomini o dalla natura stessa.

Intanto non so resistere nel proporre un’altra pianta che lungo la strada mi accompagnerà con il suo profumo: appunto la ginestra odorosa  di cui a www.floraitaliae.actaplantarum.org/viewtopic.php?f=95&t=7528.

Salendo da uno slargo vedo la valle che ho lasciato. Chiedo ad una persona quale sia il paese che vi si vede, ‘Rufina’ risponde con aria sorpresa. E’ la cosa più ovvia della terra.

Ho oltrepassato il chilometro 1.
Sono fermo in un piazzaletto sterrato che ha come sfondo degli ailanti, altre invasive che, dal mio punto di vista, danno al paesaggio floristico ormai consolidato una nota stonata. Pianta impossibile da eliminare.
Il professor Mancuso, che stimo moltissimo, non sarebbe d’accordo con me; sempre di vegetazione si tratta e le piante viaggiano volenti o nolenti. La sua scheda
www.floraitaliae.actaplantarum.org/viewtopic.php?f=95&t=43460

Proseguendo mi viene incontro l’odore dolce-amaro del ligustro selvatico.
E’ a bordo strada anche lui. Sembra che questo sia un luogo di rifugio per molte piante altrimenti soppresse o bistrattate.

Entro il chilometro due si vede, sulla destra, l’indicazione per un castello.

Scendo per una strada bianca a tratti tortuosa, per cui bisogna porre attenzione, a tratti sotto una galleria di fronde verdi che aiutano nel viaggio.

Alla fine di questo percorso mi fermo in una piazzola e, alzando lo sguardo, vedo il castello di Castiglioni.

E’ una magnifica costruzione molto ben conservata; da questa prospettiva rende un’idea di dominanza. Da un cartello posto sotto un mandorlo leggo alcune succinte note sulla sua storia


Dal sito istituzionale di Rufina si possono avere delle notizie maggiormente esaustive.
www.comune.rufina.fi.it/il-castello-di-castiglioni.
Dopo questa breve visita, un  po’ frenata dall’idea di stare osservando una dimora privata, ritorno sulla provinciale.

Pochi metri dopo trovo la bella costruzione di Villa Busini. Note risicate si ricavano da it.wikipedia.org/wiki/Villa_I_Busini, ma da questa pagina si viene indirizzati al sito ufficiale della villa, un luogo del bel vivere.

Purtroppo per adesso, 26 maggio 2020, di tutta la vita che poteva esserci rimane un grande silenzio. La causa rimarrà negli annali: la pandemia del cosiddetto COVID19.

Una signora, seduta su una lunga scalinata, mi osserva; da una finestra escono le voci infantile e femminile di altre due persone. Alla difficoltà di mantenere in uno stato di massima accoglienza un luogo di ricettività internazionale si è aggiunta questa calamità.

Prima di allontanarmi dal luogo e da queste considerazioni, volgo la mia attenzione ad una piccola edicola incassata in un muretto di pietre.

La strada continua in un paesaggio sempre gradevole con costruzioni ben tenute, cariche di memorie.

Dal mio punto di vista, questo dei paesaggi defilati dalle grandi strade, con attività non secondarie quali la conduzione agricola e l’accoglienza turistica, sono un patrimonio che non appartiene solamente a coloro che ne sono i proprietari ma a tutti coloro che ne possono godere anche solamente della vista.

Riconosco che è molto facile dissertare senza essere gravati del peso della conduzione delle cose che appartengono al ‘bello’ o al patrimonio storico di qualsiasi valore.

Dopo il km 2 + 500, a destra, incontro un’altra edicola, di contenuta rilevanza artistica, nonostante l’originale intenzione che si può intuire da ciò che resta, con una riproduzione sacra incorniciata tra fiori di plastica.

Il manufatto è guardato da alti cipressi. Un connubio non difficile da trovare; l’albero simbolo della regione protegge una testimonianza del credo prevalente del luogo.

E’ pochissimo prima del km 3, a sinistra, subito dopo il cartello di Castiglioni, che si incontra una testimonianza d’altra fattura.

E’ la pieve romanica di S Stefano a Castiglioni, appoggiata a delle abitazioni.

Sul sito istituzionale del comune si trova questa scheda www.comune.rufina.fi.it/pieve-di-santo-stefano-a-castiglioni.
Altra fonte di informazione maggiormente esaustiva wikimapia.org/20301616/it/Pieve-di-S-Stefano-a-Castiglioni. In questa pagina si trova anche una breve nota sul castello che ho visto da poco.

Alla sua sinistra, osservando la facciata, si vede il cancello che porta ad un piccolo cimitero; una delle antiche tradizioni, ancora molto viva nelle terre italiane di lingua tedesca. Una vecchia edera sormonta in parte l’ingresso; dall’altra parte sorveglia l’austero cipresso.

Di fronte, dall’altra parte della strada, di fronte alla facciata, è stato eretto, nel 1924, un piccolo memoriale per i caduti della Rufina nella guerra del ’15-’18, ora piantonato da rigogliosi cipressi.

Al suo lato destro vedo, nella vallata sottostante, il complesso industriale di Scopeti, sempre sulla regionale 67.

Dopo questa godibile sosta nella contemplazione, purtroppo solamente di una severa facciata romanica,  proseguo sempre per la strada  in salita, attraverso il medesimo rilassante paesaggio.

Mi domando quali altri itinerari ci siano sotto questo asfalto. Qualcuno, un giorno, avrà una risposta per questa curiosità.

Supero il chilometro tre con una base di verdissima edera.

Incontro ancora dei cipressi; alcuni abbarbicati alla pietra rendono l’idea della forza di questa pianta quasi fusa con il supporto litico.

La maggior parte di queste piante sono della varietà pyramidalis.
E qui non riesco, un’altra volta, ad esimermi nell’indicare la scheda che ne tratta, nel solito sito di tutto riguardo: www.floraitaliae.actaplantarum.org/viewtopic.php?f=95&t=7748.

La via prosegue seguita ai lati da altri gruppi di piante, punteggiati sempre dagli scuri cipressi. La vegetazione ora mi sembra sgombra da quell’ammasso di abbandono a cui avevo fatto cenno all’inizio del tragitto.

Incontro altre zone rurali davvero ben tenute; devo dire che questo tragitto è veramente gradevole.

Supero il chilometro quattro incorniciato da querce.

Entro questo chilometro trovo un’altra edicola, una delle centinaia che seguono le strade della nostra nazione. Ognuna con il suo modello devozionale ed artistico.
Questa è incorniciata da edera, ligustri e dagli immancabili cipressi.

Quindi giungo in una località che, vengo a sapere si chiama, Petrognano.

Nel passaggio di febbraio avevo notato, sulla destra, dei maiali che pascolavano liberi in un recinto accanto ad un viale accompagnato da grandi tigli. Le bestie erano assolutamente tranquille. Erano di una varietà particolare, mi ricordavano la Cinta senese ma credo siano il risultato di un’altra ibridazione.

Ora, andando verso lo stesso luogo, in precedenza, vedo una quindicina di maiali, sempre in un recinto con olivi. Quando mi fermo per fotografarli mi vengono incontro, vedendomi come un umano che potrebbe portare loro del cibo. Mi dispiace per il loro errore; potrebbe essere il contrario.

Mi dirigo verso il recinto del febbraio e lo trovo vuoto; noto che è in collegamento con quello di prima.

Ad un certo punto vedo provenire da quello una scrofa con due piccoli. E’ della varietà vista in febbraio. Il quadretto è toccante.

Salutate la brave bestie, poco prima della tabella del km 5, a sinistra, vedo una chiesa particolare alla cui sinistra hanno edificato un garage. Mi sembra il frutto di un’architettura eclettica.

La costruzione è gradevole, una sorta di neoromanico. Riesco a trovare qualche nota alla scheda, dall’indirizzo lunghissimo, del comune di Rufina: www.comune.rufina.fi.it/sites/www.comune.rufina.fi.it/files/galleria-fotografica/petrograno-rimaggio.jpg oppure, con maggiori dettagli, alla scheda wikimapia.org/20314535/it/La-Chiesa-di-San-Pietro-a-Petrognano.

                                                    Portale d’ingresso con avviso per il COVID

In un piccolo angolo di mondo vive una realtà rurale composta da coloniche, chiesa, campi coltivati, allevamento di maiali dentro un grande silenzio con versi di uccelli.

Ci si trova all’altezza del chilometro cinque.

Poco oltre, a destra, incontro una grande colonica con un superbo noce ad un lato.

Chissà quante generazioni di coltivatori, di tutti i ranghi, vi hanno vissuto.
La sua memoria storica è conservata bene e andrebbe tutelata, come quella di moltissime costruzioni della stessa fattura. Però riconosco, ancora una volta, la difficoltà di perseguire questo obbiettivo, sia per ragioni finanziarie che logistiche.

Prendo solamente nota e proseguo il mio viaggio per questa campagna che è un vero appagamento per lo sguardo e per le sensazioni. La strada prosegue in una corona di colline boscose.

Poi al km 5 + 500 vedo, in sequenza, due manufatti per la raccolta d’acqua e uno per la sua distribuzione.
Prima viene una vasca di pietra, seguita da una più piccola datata 1862, terza una fontanella in pietra serena incastonata in un muretto poco più avanti, al termine di un percorso celato alla vista.

Questi sono dei dettagli che, per me, valgono una sosta e una meritata di attenzione. Corredano il paesaggio, rievocano piccole memorie, rendono ancora dei servizi.

Accanto alla fontana noto la targhetta con i nomi dei suoi restauratori. Da questa targhetta apprendo che il punto d’acqua si chiama Fonte Doccia.

Immediatamente dopo entro nell’abitato di Rimaggio.

Questo toponimo è alquanto diffuso nella regione toscana; sembra derivare dall’unione delle parole latine ‘rivus maius’. Qui non so a quale corso d’acqua si riferisca, forse il Rufina.

Scorro lungo la località che guarda in basso verso la vallata; a monte un alto muro di contenimento protegge le costruzioni anche se la collina vi grava sopra con tutta la sua forza e con la presenza di una folta vegetazione. In certi punti la forza della terra si è aperta un varco nell’opera; penso che ciò abbia provocato dei problemi.

Ad un certo punto l’abitato del paese conquista anche la parte a monte.

Saluto Rimaggio, contenuto in circa quattrocento metri, e la sua sfida alla collina.

Il chilometro sei mi saluta con i due modelli di segnaletica visti, ormai, decine di volte: la tabella e il cippo, non la pietra miliare di storica memoria, magari scolpita a mano ma uno più ‘moderno’.

All’altezza di questo segnale, in alto a sinistra, noto una delle cose che meno apprezzo, inserite nel paesaggio ovvero l’utilizzo scoordinato, ancorché funzionale, di oggetti di risulta utilizzati a mo’ di tramezzi o capannine in piccole porzioni coltivate. L’uso che consente il risparmio produce uno stridente contrasto con un paesaggio mediamente ben conservato. Ma è un’opinione dettata dalla mio maniacale spirito di osservazione, poco tollerante.

                                                                                     Foto di febbraio 2020

                                                               Foto di maggio 2020

Noto anche che vi sono delle tettoie di fibrocemento (materiale con amianto) nel più completo stato di abbandono.

Tutto è trascurato perché il luogo è posto in vendita, come detto da un annuncio attaccato ad un piccolo cancello rugginoso che conduce alla ‘proprietà’.
Proseguendo, sempre a monte della strada, vedo una gran bella costruzione apparentemente abbandonata, posta sopra un muro con archi ciechi. Non voglio a questo punto ripetermi su memorie, abbandoni e riutilizzi. Preferisco proseguire.

Ispeziono il luogo a piedi e vedo, a valle di questa costruzione, un’estesa parte di terreno, protetta da una recinzione elettrificata, messa a vigneto. Penso che questa coltura faccia parte del territorio che produce vino per il marchio Chianti Pomino D.O.C.
Per notizie su questo vino: it.wikipedia.org/wiki/Pomino#Pomino_DOC

Più avanti la mia attenzione è attirata, da lontano, da una targa bianca posta sulla facciata di un’altra abitazione. E ho una sorpresa; è un altro pezzo di memoria: è la targa dall’ambulatorio di una ‘condotta’ medica.

Entro il chilometro 6 a destra c’è la deviazione per Pinzano che vado a visitare.
In alternativa qualche idea della località si può avere utilizzando questo lunghissimo URL
www.comune.rufina.fi.it/sites/www.comune.rufina.fi.it/files/galleria-fotografica/pinzano.jpg da ricopiare in un motore di ricerca. In automatismo, non so perché, non è attivo. Al limite si può andare sul sito istituzionale e cercare le frazioni di Rufina. Ma non vi sono molte cose nella Rete su questo minuscolo borgo se non ciò che fa riferimento alla manifestazione detta ‘Festa in forno’.

Arrivo alle porte del piccolo borgo.

A questa insegna incontro una persona; sarà l’unica che vedrò nella mia ricognizione.

Scendendo trovo un cartello che ne pubblicizza una sorta d’identità.


Vedo anche una fontana con la sua simpatica targhetta

Attaccati a questa una vasca per prendere acqua e un piccolo lavatoio

Poi il borgo con case ristrutturate, qualcuna in rovina, ma tutto sommato, un insieme abbastanza gradevole

Conclusa la breve visita, risalgo per i due chilometri che mi riportano sulla provinciale.

Oltrepasso il chilometro 7

Risalgo con la strada verso la sua parte finale lungo; altre cose sono ad attendermi, magari piccole ma con lunghissime storie. Il paesaggio che accompagna la strada è sempre molto gradevole, un ambiente rurale ordinato e pulito.

Pochissimo prima del chilometro 7 + 500 si incontra la frazione di Pomino, piccolo centro con costruzioni ben conservate, con una buona memoria storica soprattutto in quelle che si affacciano sulla strada.
Il suo cartello di confine è un sommario di promozioni alimentari con un riferimento ad una buona pratica energetica.

La scheda più esaustiva che ho trovato sull’abitato è www.ecomuseomontagnafiorentina.it/luoghi-di-interesse/pomino/, comprendente un’ampia disamina della Pieve che vado a visitare, purtroppo rimanendone, ancora una volta, all’esterno.
Eccone un’altra riguardante la sua Pieve che vado a visitare. Indico, a chi lo desidera darle un’occhiata virtuale: www.comune.rufina.fi.it/pieve-di-pomino.

Riguardo alla pratica energetica ecco la scheda interna del sito istituzionale
www.comune.rufina.fi.it/eventi-notizie/il-teleriscaldamento-a-pomino-e-una-realta

E ora entro nel paese.

Su una delle prime case noto una targhetta che attira il mio interesse e che voglio mostrare

Insomma, in questa abitazione vi era un’infermeria di guerra. Non ho trovato notizie in Rete su questo luogo. Sarebbe interessante saperne un po’ di più. Sicuramente qualcuno ha qualche memoria per questo, per me, singolare aspetto delle vicende militari.

Poi vedo l’indicazione per la Pieve di S. Bartolomeo, complesso molto ben conservato anche per gli annessi che hanno una funzione civica come ‘casa famiglia’. Per conoscere meglio gli obiettivi di questo sodalizio www.casafamigliaiosonomio.com/.

Io mi soffermo ad ammirare un’altra chiesa romanica beandomi della sua severità e del riposo che mi offre l’antistante muretto con, alle spalle, un filare di pioppi neri. Qui consumo anche un frugale pasto prima di riprendere l’itinerario programmato.

Ecco i pioppi neri del muretto ed ecco la loro scheda botanica www.floraitaliae.actaplantarum.org/viewtopic.php?f=95&t=4172

All’altezza del chilometro otto posto sotto pini, che non riesco a capire se siano nigra o pinaster, vi è il cosiddetto Castello di Pomino, di proprietà di una famiglia gentilizia, luogo curatissimo nel complesso e nei dettagli. Qui vi sono le cantine del Chianti di cui si è già parlato.

Raccolgo qualche discreta indagine di alcuni dettagli della tenuta come questa edicola inserita nel muro di cinta

E dal punto di vista della stessa uno scorcio sulla dimora di valore sicuramente alto.

E dal piazzale, uno sguardo sui magnifici esemplari di alberi piantati giustamente secondo il concetto di parco, cioè con le distanze corrette perché si sviluppino nella loro compiutezza.

Proseguendo, a breve distanza dalla villa, si può ammirare lo spettacolo delle vigne che si sviluppano attorno.

Circa allo steso punto, verso monte, noto una strada che porta ad un luogo devozionale dal nome di tutto rispetto, Chiesa di Santa Maria del Carmine ai Fossi, alla quale avrei intenzione di dare un’occhiata.

Salgo per questa via interna, coronata a tratti da una vegetazione rigogliosa.

La strada si inerpica attraverso un paesaggio di vigne con operai all’opera, case molto ben tenute, lavori in corso per future piantumazioni viticole e un grande silenzio.
Ad un certo punto, mi ritrovo in un imbuto in cui non mi è concesso inoltrarmi per accesso consentito solamente agli addetti ai lavori. Della chiesa neppure l’ombra.

E così ripercorro la strada all’inverso per tornare sulla provinciale. Ma sono stuzzicato dalla curiosità, così devio nella Rete e trovo sempre dal sito www.ecomuseomontagnafiorentina.it la scheda che fa luce sulla faccenda: www.ecomuseomontagnafiorentina.it/luoghi-di-interesse/madonna-dei-fossi/. E’ una scheda ampiamente esaustiva e ne sono soddisfatto.

Proseguo lungo il mio itinerario sempre accompagnato da colture di vite ma anche da pini, ginestre comuni e molti altri compagni di viaggio, silenziosi nello splendore delle loro sfumature di verde.

Dopo il chilometro 8 il paesaggio comincia a variare  diventando a mano a mano meno coltivato e con una sempre maggior presenza di conifere.

Tra il km 8 e il 9 questi compagni sono pini piantumati per produzione di legname.
Difatti al km 9, a destra si vede il risultato finale di tale operazione commerciale: un vasto spiazzo lasciato da alberi abbattuti, probabilmente conifere come quelle a monte.

Altre creature stanno ripopolando il luogo che, altrimenti, sarebbe mestamente disadorno.

Nel chilometro 9 giungo alla frazione di Molino di Mentone.

Effettivamente vi è una grande costruzione che aveva proprio questa funzione. Una ruota da macina è incassata in un muro di contenimento.

https://www.dalkmzero.it/wp-content/uploads/SP91-Scopeti-Borselli/106-20200219_153253-SP-91-Scopeti-Borselli-mulino-a-molino-di-mentone-scaled.jpg

Per questa costruzione si può deviare sulla pagina wikimapia.org/20302714/it/Mulino-di-Mentone.
Guardo con una certa ammirazione lo stato di conservazione della struttura.
Lascio la piccola, raccolta località e proseguo.

E dopo quattrocento metri incontro, sulla sinistra, la deviazione per il borgo di Castelnuovo. Non è preannunciata da nessuna segnaletica.
Il suo segnale di direzione lo si vede dal retro

Questa sarebbe l’indicazione vista al contrario.

Fotografando questo segnale noto, un po’ più indietro, una tabella: è quella della corsa della ‘Leonessa’ una prova ciclistica analoga, su altre strade e per rimanere nell’ambito delle imprese faticose, alla cosiddetta ‘Eroica’, nel senese.

Se qualcuno ne volesse notizie più dettagliate questo è l’indirizzo in Rete www.leonessaciclostorica.it/wp/

Salgo verso la località per una strada molto stretta per la quale bisogna avere ogni attenzione.

Accompagna il cartello di località un ironico invito alla resistenza al virus che ci ha dannato la vita in questi mesi.

Vado a rivedere il borgo che, altre volte, ho utilizzato come base di partenza per incamminarmi per sentieri, zaino e bastone di corredo.
Prima di entrare nell’abitato registro un’immagine del paesaggio sottostante.

Poi riporto quelle della mia brevissima passeggiata per il villaggio.

                                                   Uno scorcio nel febbraio di quest’anno

Prima di lasciare questo luogo invio una deviazione virtuale sullo stesso www.ecomuseomontagnafiorentina.it/luoghi-di-interesse/castelnuovo/

Davanti al termine della piccola strada che mi riporta sulla provinciale vedo un gran cumulo di cippato ricoperto da un telo. Sarà forse ciò che resta del taglio al km 9.

Tra il km 9 e il 10 incontro il cartello confine di comune di Pelago.

Per quanto riguarda questo comune, dal nome che rimanda al latino ed al greco come ‘mare’, pelăgus e πέλαγος  bisogna leggere la scheda interna del sito istituzionale : www.comune.pelago.fi.it/storia-e-cultura per saperne di più sul toponimo.

Passo dal km 10 con la segnaletica nei due modelli visti in altre occasioni, la tabella ed il cippo.

Al km 10 + 500 noto che qualcuno deve aver  picchiato duro sull’ettometrica.

Lascio al suo posto la povera ettometrica.

Raggiungo il km 11 dove trovo la Pieve di Santa Margherita a Tosina.

Per notizie storiche it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Santa_Margherita_a_Tosina,
www.comune.pelago.fi.it/la-chiesa-del-convento-camaldonese-di-santa-margherita-a-tosina-sentiero-34

Il luogo è molto sereno e da lì lo sguardo può spaziare nella vallata e sulle colline antistanti.

Il monumento, a sua volta, da un senso di compostezza che, a mio parere, con i suoi austeri cipressi sembra guardare al territorio circostante senza protervia. Forse il contrario di quello che rappresentava in secoli passati.
Di contrasti sanguinosi, avvenuti in altro luogo, qui viene rappresentato uno degli episodi salienti di cui ho fatto cenno descrivendo la regionale 70 www.ecomuseomontagnafiorentina.it/accampamento-guelfo-1289-t%C3%B2sina/

Rientrando nella relativa serenità di questi giorni, noto una lapide a memoria di caduti in un conflitto più recente. La serenità , in qualche modo, viene lievemente incrinata.

Lasciando da parte il trascorso, mi fermo a valutare il romanico, un po’ ritoccato, di questa chiesa.

Sotto la strada noto un legno sagomato a tabella di direzione, che indica gli annessi alla chiesa in cui opera un’associazione la cui attività può essere conosciuta all’indirizzo www.rifugiotosina.it/

Raccolgo un’immagine, che reputo discreta, degli annessi.

Ritorno al piazzale della chiesa e do un’altra occhiata alla valle sottostante, questa volta riprendendo il cipresso solitario che sembra osservare anche lui.

Lascio anche questa testimonianza e mi avvio a percorrere l’ultimo chilometro. I lati della strada sono coperti da una vegetazione ridondante.
A sinistra, robinie e rose selvatiche formano un giardino spontaneo con un suo, quasi perfetto, autocontrollo.

Arrivo al limite del percorso, entrando nella frazione di Borselli

Per questo centro abitato si può dare un’occhiata al sito www.borselli.net/index.html

In questa località la provinciale 91 entra nella regionale 70 entro il km 9 di questa.



Bibliografia consultata

(1) Fitocronologia delle piante – Federico Maniero – L. S. Olschki ed. 2000

 
Ringraziamenti
www.google.com/maps
it.wikipedia.org
wikimapia.org
www.comune.rufina.fi.it
www.actaplantarum.org
www.comune.pelago.fi.it
www.ecomuseomontagnafiorentina.it
www.rifugiotosina.it
www.borselli.net

Avvertenza importante
Se vi sono persone che trovano che un loro diritto sia stato leso, me ne metta al corrente e sarà mio obbligo modificare o eliminare la nota, dopo un civico confronto.